
Dall’Himalaya
Laura, quando parla di rose, assume l’aria rapita di una nobildonna inglese, soave e disinteressata alla sorte dei comuni mortali. Annusa le corolle profumate, di un bianco con sfumature perlacee e di un pallore aristocratico, come se non venissero baciate quotidianamente dal sole ma si incipriassero tutte le mattine. Se pensate che le rose siano creature delicate, vi sbagliate: non temono i rigori dell’inverno, il torrido agosto non diminuisce la lucentezza delle loro foglie e la carezza rude del vento le rende più sane, meno vulnerabili all’attacco degli acari, golosi della loro linfa.
Crescono ai bordi del nostro prato, e come crescono! La Rosa ‘Paul’s Himalayan Musk’, rampicante vigorosa, fa onore al suo nome raggiungendo l’alta vetta di un acero. I fiori ricadono in mille cascate, al limitare del bosco fitto e intricato rappresentano la vittoria della nostra tenacia di giardiniere, tante volte sconfitte dalle avversità atmosferiche e finalmente ripagate e soddisfatte.